Trattamenti del latte
Il primo trattamento che subisce il latte appena munto è solitamente la refrigerazione (a circa 4° C), necessaria a rallentare la proliferazione batterica fino al momento della caseificazione.
Ma questo altera comunque la flora naturale a scapito di quella lattica; nelle malghe, d’altra parte, si lavora ancor oggi entro le ventiquattr’ore il latte crudo (non sottoponendolo cioè né a pastorizzazione né a elevate temperature in fase di caseificazione) e il latte può dunque trasmettere al formaggio il massimo delle sue potenzialità: la carica batterica del latte, attentamente controllata, contribuisce infatti a innescare la naturale fermentazione del latte cui si deve di fatto il caratteristico sapore del formaggio.
Ecco dunque un’altra variabile fondamentale da conoscere: formaggio a latte crudo o a latte pastorizzato.
La pastorizzazione consiste nel riscaldare il latte oltre i 72° C al fine di bloccarne definitivamente la carica batterica, per ovvie ragioni igieniche; ma quest’operazione ha senz’altro la conseguenza dell’irrimediabile perdita di molte proprietà nutrizionali.
Altra operazione che può essere eseguita sul latte è la scrematura, cioè l’estrazione di parte della materia grassa (per la produzione, ad esempio, del burro); ciò non incide sulla qualità del latte e non ne altera il sapore. Il latte scremato è comunque meno esposto a contaminazioni della flora batterica e dunque ideale per la produzione di formaggi che necessitano di una lunga stagionatura; è per questo che formaggi prodotti con latte scremato saranno dunque più magri e, una volta stagionati, più consistenti.