Viaggio in Alvernia: tra vacche Salers, vitellini e il St. Nectaire

Ci svegliamo alle 4:30 del mattino e la domanda sorge spontanea: “Ma che cos’avranno di tanto particolare queste vacche Salers da costringerci a una tale levataccia?”.

Partiamo dunque da St. Haon le Chatel (quartiere generale di Hervè Mons), che dista circa 20 minuti da Roanne, nel cuore della Francia, e andiamo in direzione Clermont-Ferrand. Dopo 3 ore di viaggio arriviamo nel Parco Regionale naturale dei Vulcani di Alvernia, nella sperduta e “francesissima” località di Egliseneuve d’Entraigues, a 1000 metri d’altitudine.

Qui lasciamo l’auto nel cortile di una stalla e scendiamo barcollando – in cuor nostro convinti di bere almeno un caffè visto che la colazione ancora non è stata fatta – e veniamo invece accompagnati immediatamente all’interno della stalla stessa. Dentro è un po’ buio, la luce filtra solo dalle finestre e i nostri occhi ci mettono un po’ a mettere a fuoco tutto. A prima vista è la solita cinquantina di vacche disposte a destra e sinistra del corridoio centrale ma poi notiamo qualcos’altro: le prime 7-8 vacche a destra hanno anche il vitellino accanto a sé.

E questi che ci fanno qui? Neanche il tempo di finire di porsi la domanda che udiamo un gran vociare e rumore di zoccoli: altri 7-8 vitellini arrivano galoppando dal corridoio di sinistra, trottano lungo il perimetro interno della stalla e si infilano senza indugio sotto le mammelle delle loro mamme! Qualcuno nella gran confusione sbaglia mamma e quindi ci pensa la giovane fattora a posizionarlo sotto le giuste mammelle. È una scena che lascia tutti noi a bocca aperta – a qualcuno si inumidiscono anche un po’ gli occhi… I vitellini vengono quindi lasciati succhiare il latte per qualche minuto, poi – quando il fattore ritiene sia giunto il momento – vengono staccati dalle mammelle e legati accanto alla mamma e al loro posto viene attaccata la mungitrice: metà latte al vitellino, metà al contadino per fare il formaggio.  

Notiamo che le mammelle delle vacche Salers non sono molto grandi e chiediamo quanto latte viene prodotto: 10 litri al mattino e 10 alla sera (di cui la metà viene dato ai vitellini), quindi con un rapido calcolo deduciamo che ogni giorno solamente 500 litri di latte vengono trasformati in St. Nectaire. E tutto questo per ben 8 mesi, solo a quell’età infatti i vitelli smettono di venire attaccati alle mammelle. E da quel momento in poi le vacche Salers smettono di produrre latte e quindi, ovviamente, di essere munte. Nessuno stress per i vitelli, nessuno stress per le madri, che infatti – a differenza delle meno fortunate vacche degli allevamenti intensivi – arrivano a vivere e figliare fino a 14-15 anni di età (contro i 3 anni degli allevamenti intensivi).

Terminata l’operazione di mungitura (che dura circa un’ora e mezza e impiega tre persone per 50 animali) le vacche vengono portate al pascolo (e che pascolo!), da dove rientreranno per la mungitura della sera.

Il latte nel frattempo è stato trasferito direttamente nella caldaia, portato a 32°, addizionato di caglio e verrà lasciato coagulare per poco meno di un’ora. Ne approfittiamo per fare colazione, finalmente!

La cagliata ottenuta viene quindi tagliata con l’apposita lira in grani molto piccoli, delle dimensioni di un chicco di mais, poi viene agitata per fare uscire il siero e infine viene drenata in modo che i grani di cagliata si agglomerino in un blocco omogeneo sul fondo della caldaia.

La casara trasferisce quindi manualmente questa materia solida negli stampi cilindrici (da 250 litri di latte ne sono uscite 16 forme di St. Nectaire e un po’ di cagliata è avanzata ma verrà utilizzata nella produzione della sera) per una prima pressatura che permette l’eliminazione del siero e dà la forma al formaggio.

Una volta “formati”, i St. Nectaire vengono salati da entrambi i lati con del sale grosso e viene apposta la placca di caseina della Dop (ovale per il St. Nectaire fermier e quadrata per il St. Nectaire laitier). Ogni formaggio è quindi avvolto in un telo di lino umido, reinserito nella sua forma e racchiuso in un cerchio di acciaio.

Le forme vengono poi poste nuovamente sotto alla pressa in modo da completare la sgrondatura. Dopo qualche ora i St. Nectaire vengono tolti dalle forme e dai teli di lino e messi in una camera fredda tra gli 8-10°. Tra qualche giorno l’affinatore passerà a raccogliere le forme e le trasferirà in una cantina di stagionatura. La stagionatura è una fase fondamentale nella produzione del St. Nectaire.

Ed è per questo che decidiamo di affrontare un’altra ora abbondante di strada per vedere come se la passano i formaggi nelle loro celle di stagionatura.

Qui ci rendiamo conto – ancora una volta – che è proprio nel know-how dell’affinatore che sta il segreto del sapore incomparabile di questo formaggio e della sua untuosità. L’affinamento richiede un savoir-faire specifico con dei gesti precisi trasmessi di generazione in generazione. Affinato in cantine naturali o artificiali, il St. Nectaire ha le sue esigenze e richiede i suoi tempi.

La durata minima della stagionatura è di 28 giorni. Durante questo periodo l’affinatore apporta tutte le cure necessarie al formaggio per sviluppare la sua bella crosta fiorita e i suoi aromi: i St. Nectaire vengono lavati con acqua salata per 2/3 volte alla settimana per i primi 10-12 giorni, quindi sono regolarmente girati e spazzolati una volta alla settimana. Queste attenzioni sono necessarie al St. Nectaire per sviluppare la sua crosta con muffe nobili bianche e grigie su sfondo marrone-arancio, e il suo gusto inimitabile di nocciola, riconoscibile tra tutti.

La nostra visita non può quindi che concludersi con la degustazione di questo straordinario formaggio e – nell’assaporarlo – tutte le persone, gli animali, il verde dei pascoli e l’azzurro del cielo montano che abbiamo visto e vissuto in quella giornata sembrano materializzarsi nuovamente davanti a noi e capiamo che la levataccia delle 4:30 non solo ha avuto un senso ma è stata davvero una grandissima fortuna.

 

 

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