Ci sono croste e croste…

Capita prima o poi – quando si consuma del formaggio – di chiedersi se la crosta possa essere mangiata oppure no. A volte la risposta è scontata, ma non sempre.

Cominciamo da una prima macro distinzione: ci sono croste edibili e croste assolutamente non edibili. Tra quest’ultime sono da considerarsi quelle che subiscono trattamenti con additivi antimuffa o protettivi (come paraffine o vernici sintetiche) e che pertanto è del tutto sconsigliato ingerire – come peraltro segnalato in etichetta sotto la dicitura “crosta non edibile”.

Tutte le altre croste sono quindi edibili, ma anche qui sono necessari dei distinguo. Se infatti alcune di esse sono piacevoli e, anzi, necessarie per apprezzare un formaggio nella sua completezza, altre invece rientrano nella categoria “de gustibus”, vale a dire che sta al proprio gusto personale la scelta di eliminarle o tenerle. Infine ci sono croste edibili “per forza”, nel senso che sono talmente fini e sottili che risulta impossibile sbucciare il formaggio.

Quindi – pur generalizzando – è possibile suddividere le croste dei formaggi in questo modo:

  • Le bucce o croste naturali o fiorite dei caprini sono tendenzialmente tutte edibili (se le muffe nobili che si trovano in superficie sono troppo evidenti per i vostri gusti, sarà sufficiente eliminarne un po’ pulendo il formaggio con un piccolo panno umido).
  • Le croste fiorite delle paste molli, ricoperte di penicillium candidum (come Brie e Camembert), fanno parte dell’insieme organolettico gustativo del formaggio e quindi non andrebbero mai tolte. A volte però – in alcuni soggetti più sensibili – possono dare dei problemi di digestione e quindi in questo caso è consigliabile ridurne una parte.
  • Le croste lavate (con salamoia oppure con vino, birra o grappa) possono essere distinte principalmente in due gruppi. Alcune di esse rimangono asciutte e granulose e di conseguenza non sono piacevoli in bocca, come quella del Taleggio, ad esempio. In questo caso è senz’altro consigliato sbucciare il formaggio. In altri casi invece la buccia resta molto sottile e umida, cedevole al palato e non dura: è il caso dell’Epoisses un formaggio che va quindi degustato con la buccia.
  • I formaggi semi-stagionati o stagionati rientrano nella categoria “de gustibus” di cui sopra: i più preferiscono eliminarne la crosta tout court, ma, se piace, è possibile mangiarla, magari togliendo o grattando via la parte più superficiale (soprattutto per una questione di igiene: sono croste che sono rimaste a contatto con legno, muffe e ambienti di stagionatura per diversi mesi). Ricordiamo che le croste dei formaggi stagionati (come quella del Grana Padano o del Parmigiano Reggiano) sono ottime per insaporire le minestre (quella di fagioli, ad esempio), mettendole a bollire assieme agli altri ingredienti.
  • Nel caso degli erborinati la crosta non è quasi mai né edibile né piacevole perché granulosa e spesso leggermente rancida, tranne in quei formaggi in cui la buccia è praticamente assente (ed è facilmente osservabile anche dai non esperti), come nel caso del Roquefort.

 

Seguendo queste poche e semplici regole è quindi possibile uscire dall’imbarazzo che a volte ci coglie di fronte a un formaggio che incontriamo per la prima volta e soprattutto godere appieno delle sensazioni gustative che esso può offrire.

 

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