Stagionatura e affinamento
Appena prodotto, salvo nel caso di formaggi freschissimi, il formaggio ha una consistenza molto diversa da quella che assumerà al momento della degustazione: deve maturare, ed è necessario che si trasformi ed evolva sotto l’effetto del presame e dei microorganismi presenti sulla sua superficie e all’interno della pasta.
E tale maturazione richiede tempi diversi, da qualche giorno o settimana per un formaggio come lo stracchino, fino a diversi mesi e addirittura anni, per un Asiago o un Bitto.
La stagionatura, che spesso avviene presso gli stessi produttori, necessita di locali adeguati, al buio e con un tasso di umidità elevato, con una temperatura costante tra i 10 e i 12° C e un buon ricambio d’aria: ideali sono le grotte, anche artificiali.
Un locale ideale di stagionatura è quello che ha una storia, che è in uso cioè da molto tempo e che ha quindi potuto sviluppare un assetto microbiologico che lo contraddistingua e che conferirà al formaggio una sua tipicità, un suo marchio di fabbrica.
Ma i luoghi di stagionatura e di affinamento del formaggio sono anche differenziati a seconda delle famiglie e delle tipologie casearie.
Alcuni formaggi si affinano infatti solo all’interno, come nel caso di paste cotte e pressate; altri dall’esterno all’interno, come nel caso delle paste molli, dei formaggi a crosta fiorita o lavata; altri ancora, è il caso degli erborinati, dall’interno verso l’esterno. E ogni tipologia dovrà dunque poter sfruttare gradi di umidità ambientale differente.
Le cure che richiedono sono molteplici: i caprini e i formaggi a pasta molle vengono deposti su stuoie di paglia e seguiti amorevolmente fino alla formazione della loro delicata pelle naturale; quelli a crosta lavata (Taleggio) vanno appunto periodicamente lavati con una soluzione di acqua e sale che conferisce loro il tipico colore arancione e che serve a proteggerli dagli attacchi di agenti esterni.
Per i formaggi a lunga stagionatura, adagiati su assi di abete, la cura consiste nel rigirarli spesso, tenerli puliti e oliati (olio d’oliva o di lino) e controllarli altrettanto spesso, fino a stabilirne il grado di maturazione tramite la battitura con l’apposito martelletto e l’assaggio tramite la tassellatura.
L’affinatore interviene poi in maniera creativa, sempre però nel rispetto della tipicità di ogni formaggio, aggiungendo degli ingredienti aromatizzanti sulla crosta, come vinacce, fieno, cenere, erbe aromatiche, o ancora foglie di fico o noce: tutti ingredienti, comunque, che conferiranno al formaggio un particolare aroma e una propria personalità.
Non si tratta però solo di una pratica dettata dall’esigenza di varietà: l’affinamento dei formaggi nelle vinacce o nel fieno ha infatti origini antiche, dettate dall’necessità di contribuire alla longevità e alla conservazione e protezione del formaggio, dal caldo esterno in primo luogo e dagli attacchi di roditori, insetti e microorganismi.
Solo successivamente si è potuto notare che tali espedienti conservativi potevano conferire profumi e gusti particolari e assurgere dunque a metodi di stagionatura e di affinamento.
Come abbiamo potuto constatare il formaggio è un prodotto vivo, frutto di innumerevoli variabili, alcune assolutamente naturali, altre gestite dall’uomo, ed è dunque il frutto di un lavoro e di un’evoluzione lunga, che necessita di tempo, pazienza e continue attenzioni; per raggiungere il giusto grado di affinamento un formaggio subisce infatti le attenzioni dell’allevatore e quindi del casaro per finire poi nelle mani dello stagionatore e dell’affinatore.
Questi ultimi sono coloro che, conoscendo perfettamente tutta la “storia” di ogni singola forma, sanno portare il formaggio al massimo delle proprie potenzialità espressive, gustative e rivelatrici della propria e inconfondibile tipicità.
Gli affinatori giungono alla fine della filiera produttiva del formaggio e devono dunque conoscerne tutte le variabili: dalla provenienza dei foraggi, alle razze degli animali, dalla percentuale di grasso contenuto nel latte, al caglio usato; ma devono soprattutto conoscere il malgaro o il casaro che l’ha prodotto.
Il frutto di questo loro lavoro e della loro esperienza ci consente di avere sulle nostre tavole formaggi veramente tipici e in qualche modo unici.