Lo Stichelton, un “fuorilegge” nella Foresta di Sherwood (Prima parte)
A volte il formaggio non nasce solo da ingredienti quali latte, caglio e sale, ma anche da una combinazione di elementi che tra di loro non hanno nulla a che fare… apparently.
Ma andiamo con ordine. Un tempo, nelle campagne inglesi, lo Stilton (il formaggio erborinato inglese tra i più noti anche all’estero, basta ricordare il celebre topo-detective Geronimo…) veniva prodotto anche a latte crudo. Questo fino al 1989, quando, la Colston Bassett (ultima azienda rimasta a produrre Stilton a latte crudo) fu costretta a limitarsi anch’essa alla produzione di Stilton a latte pastorizzato, dopo che – nel periodo natalizio – alcuni casi di listeria crearono il panico tra i consumatori (in realtà le analisi fatte successivamente in azienda non rilevarono nulla di nulla). Era la fine degli anni ’80 e tutti i caseifici artigianali inglesi erano ormai definitivamente passati alla produzione a latte pastorizzato (su forte pressione/imposizione da parte delle autorità ministeriali britanniche). Per quanto riguarda lo Stilton, fu il Consorzio dello Stilton stesso a bandire l’uso del latte crudo, per preservare la loro reputazione sostenendo che si trattava di un processo di lavorazione troppo rischioso.
Quindici anni più tardi – nel 2004 – Randolph Hodgson, fondatore e titolare della Neal Yard’s Dairy di Londra – dà appuntamento per un drink a Joe Schneider, un brillante cheesemaker di origini americane trasferitosi in Inghilterra, e gli propone di produrre un formaggio uguale in tutto e per tutto allo Stilton, ma a latte crudo: lo Stichelton. Già in sé il nome risulta essere una provocazione: Stichelton era infatti il nome originario della città di Stilton, come a dire “il nostro sarà il vero e originale Stilton”.
Per Joe Schneider l’idea è davvero allettante e nel 2006 trasferisce tutta la famiglia nel Nottinghamshire (una delle tre contee dove lo Stilton Dop può essere prodotto), dove lui e Hodgson hanno individuato la fattoria ideale. Si tratta della Collingthwaite Farm, nella tenuta ducale di Welbeck, ai confini settentrionali della Foresta di Sherwood. La tenuta è di circa 7.000 ettari ed è un luogo da fiaba.
Qualche mese prima di iniziare la produzione dello Stilcheton, Hodgson richiede al Consorzio dello Stilton un emendamento al disciplinare della Dop in modo da poter inserire anche lo Stilton a latte crudo e poter chiamare “Stilton” anche il formaggio prodotto da Schneider. La risposta non tardò ad arrivare e fu negativa: troppo rischioso. In effetti i rischi con lo Stilton sono superiori rispetto ad altri formaggi perché – nelle prime fasi di produzione – l’acidificazione del latte avviene in maniera molto lenta: in 23 ore (per avere un’idea, per il Cheddar a latte crudo ce ne vogliono cinque e mezza). “Ma è proprio l’acidificazione lenta che elimina l’umidità dalla cagliata e permette una texture liscia e setosa” – dice Hodgson – “e che rende lo Stilton diverso dagli altri formaggi”. Chiaramente questo comporta un’attenzione praticamente maniacale nei confronti dell’igiene. Solo un esempio per rendere l’idea: Schneider ha acquistato una lavatrice dedicata solo ed esclusivamente al lavaggio e sterilizzazione delle pezze che vengono usate per pulire le mammelle delle vacche (ogni pezza usata solo per una mammella e poi messa subito a lavare, of course!).
Ma Hodgson non si dà per vinto e rimane ottimista. Ad ottobre del 2006 Schneider produce il primo lotto di Stichelton, con il latte biologico delle vacche della Collingthwaite Farm. A novembre le celle di maturazione sono già piene. All’inizio Schneider utilizza uno starter comune, usato dalla maggior parte dei produttori artigianali, ma né lui né Hodgson sono pienamente convinti del risultato. Trovano il loro Stichelton ancora troppo asciutto e acido. Nei mesi successivi la qualità migliora, il formaggio è più cremoso e l’erborinatura buona. Ma non è sufficiente, vogliono che il loro formaggio possa essere presentato come un vero Stilton e non come “second best” della Colston Bassett.
La svolta arriva nel giugno del 2007. Schneider usa per la prima volta il loro asso nella manica, ovvero lo starter MT36, cioè proprio lo starter liquido usato da Colston Bassett per trasformare il latte crudo in cagliata. Tale starter era stato recuperato 15 anni prima da un collega di Hodgson dalla Colston Bassett stessa ed era stato mantenuto in vita – come una sorta di bomba a orologeria – nell’azienda di Ray Osborne, un produttore di starter.
Il suo uso ebbe un effetto notevole: i formaggi divennero incredibilmente morbidi e burrosi.
A fine estate del 2007 tra i gastronomi e foodies inglesi non si parlava d’altro: il concetto che lo Stilton a latte crudo fosse un vero Stilton si stava ormai affermando.
A Novembre Hodgson organizzò una degustazione di Stichelton nel suo negozio di Borough Market a Londra. Furono invitati gastronomi e giornalisti e l’aria che si respirava assomigliava a quella di un movimento controculturale, quasi undreground. Il consenso fu unanime: lo Stichelton assomigliava allo Stilton a latte crudo di Colston Bassett più di quanto ci assomigliasse il loro stesso Stilton. Tuttavia, nonostante questo successo di critica, il Consorzio continuò a difendere le proprie posizioni (e i propri interessi, viene da dire).
Qualche anno fa anche Slow Food ha deciso di istituire un Presidio per sostenere Joe Schneider e molte iniziative sono state organizzate per spingere il Consorzio dello Stilton a modificare il disciplinare della Dop e consentire l’uso del latte crudo, ma la modifica gli è stata più volte negata sia dal Consorzio che dal Ministero inglese.
La battaglia di Joe Schneider è quindi tuttora aperta e lo Stichelton rimane il “fuorilegge” della Foresta di Sherwood.
Fin qui la storia.
Ma noi siamo andati a conoscere di persona Joe Schneider nella Foresta di Sherwood e “nella prossima puntata” vi racconteremo ogni dettaglio della produzione di questo straordinario formaggio chiamato Stichelton.