Formaggi di fossa
Novembre è il mese nel quale si perpetua – da anni – il rito e il gusto dei formaggi di fossa.
Storicamente i formaggi infossati sono una specialità di alcuni paesi dell’Appennino, tra la Romagna e le Marche.
Un tempo le piccole forme cilindriche di pecorino (o a latte misto di pecora e vacca), prodotte nel Montefeltro o nella zona delle crete senesi, venivano poste nelle fosse tronco-coniche (con una sola apertura in alto e profonde circa 3 metri) scavate nel sottosuolo di tufo ad agosto e le fosse – sigillate con sabbia e tavole di legno – venivano poi aperte attorno al 25 novembre, festa di Santa Caterina.
I pecorini, chiusi in sacchi di tela, nei mesi passati al caldo e al chiuso e sotto la pressione di un peso notevole che li deformava visibilmente, rifermentavano e assumevano sapori e fragranze assolutamente uniche e non riproducibili diversamente.
Purtroppo però la grande richiesta (e omologazione) del mercato ha fatto sì che in questi anni si possano trovare formaggi di fossa e infossature tutto l’anno e che si utilizzino anche formaggi di vacca. La Dop stessa – nata nel 2009 e la cui dicitura precisa è Formaggio di fossa di Sogliano Dop – ha allargato le maglie del processo di produzione, consentendo ai produttori di utilizzare anche formaggi a solo latte vaccino o a latte misto (ma limitando l’area di provenienza di tali formaggi: quindi – se ci si vuole fregiare del marchio Dop – non è più possibile utilizzare pecorini di altre zone d’Italia) e soprattutto consentendo di infossare anche più volte l’anno (infossatura primaverile e infossatura estiva).
Tuttavia, al di là di questi aspetti, che si discostano comunque dalla tradizione vera e propria, ciò che rimane fondamentale per avere un prodotto di qualità è la materia prima di partenza. Infatti, solo infossando un buon pecorino si potrà ottenere un buon formaggio di fossa, al di là di ogni marchio o dicitura.
Il risultato dovrà essere un formaggio di fossa ricco di aromi terrosi e di sottobosco, dal sapore delicato, quasi dolce all’inizio, ma poi sempre più intenso fino al piccante, con un retrogusto amaro e persistente.
È proprio assieme al formaggio di fossa, con quel suo sapore particolarmente intenso e piccante, che si è diffusa l’abitudine di abbinare al formaggio il miele; in effetti, diversamente da quanto pensiamo in linea generale, il formaggio stagionato in fossa ci piace davvero degustarlo assieme a un miele, meglio se leggermente amaro come quello di castagno o di corbezzolo, oppure accompagnato a una confettura dolce.