Viaggio al centro del Beaufort, il gigante dei Gruyères

È una mattina uggiosa di luglio in Savoia e il navigatore sembra non voler collaborare. Dobbiamo quindi fermarci un paio di volte e con il nostro francese scolastico chiediamo ai locali la strada per arrivare alla cooperativa dell’Haute Tarentaise. Nonostante stalla e caseificio si trovino in pianura la strada infatti non è delle più semplice. Al nostro arrivo Luc è già nel pieno del lavoro: oggi è da solo – il collega che di solito lo assiste è malato – e lui deve destreggiarsi tra caldaie, presse, forme di legno, teli di lino… e noi!

Quando arriviamo le due grandi caldaie in rame sono già al lavoro.

Ognuna di esse ha una capacità massima di 4000 litri di latte. Per fare 1 kg di Beaufort servono ben 10 litri di latte, quindi, sapendo che ogni forma pesa circa 40 kg (peso di maturazione finale) e facendo un rapido conto intuiamo che da ognuna delle due caldaie usciranno 8 forme di Beaufort.

Luc sta aspettando che il latte – di una sola mungitura, crudo e intero, di sole vacche Tarentaise e Abondance – arrivi a una temperatura di 33° C, quindi aggiunge il caglio. Dopo circa mezz’ora il latte nella caldaia è cagliato. Luc osserva la cagliata con occhio esperto e, quando ritiene sia il momento opportuno, cioè quando è “soda” al punto giusto, aziona il frangicagliata in modo da ridurla in piccolissimi grani.

Quindi –  sempre quando ritiene sia arrivato il giusto momento – Luc porta la cagliata a 54° mentre la “massa di grani” viene agitata con vigore. Ipnotizzati dal movimento costante e regolare ci lasciamo andare alla fantasia, immaginando un mare in tempesta (ma per niente minaccioso, anzi). Luc interrompe i nostri sogni e ci spiega che questa è questa una fase essenziale della lavorazione, perché in questo modo la cagliata continua ad espellere siero, concentrando solo gli elementi più nobili del latte.

Luc non smette praticamente mai di osservare la cagliata, è sempre là, vigile. Quindi comincia a tirarne su un po’ con una paletta, prova al tatto la consistenza del grano, la sfregola tra le mani. Infine decide: la cottura è finita e la caldaia può essere svuotata.

Un sistema di pompe e tubi aspira in circa 10 minuti la cagliata dalla caldaia e la trasferisce in un sistema di “campane”: è qui che avviene la separazione dei grani e del siero.

 

I grani della cagliata si depositano sul fondo di queste campane e da qui finiscono negli stampi precedentemente preparati da Luc (cerchi di faggio – saranno loro a dare la caratteristica forma concava allo scalzo –  all’interno dei quali vengono posti dei teli di lino lavati e ben strizzati).

Dopo una prima sgrondatura, Luc trasferisce le forme dal gruppo di riempimento (il sistema di campane) alla pressa vera e propria, che si trova proprio di fronte. Qui – ci spiega Luc – le forme rimangono sotto pressione fino al giorno successivo, per 24 ore: durante questo tempo viene loro cambiato il telo di lino e vengono rivoltate tre volte.

Il giorno dopo, le forme che abbiamo visto nascere dal latte davanti ai nostri occhi, verranno trasferite in una stanza a 12° per altre 24 ore, per consentire l’acidificazione. La salatura avverrà il giorno seguente. Le forme verranno immerse in salamoia per 24 ore,

quindi – trascorso questo tempo – saranno finalmente pronte per essere messe in cantina dove avrà inizio la loro maturazione, che dovrà durare almeno 5 mesi.

Ma se credete che il lavoro sia finito qua, vi sbagliate. Anche in cantina le forme vengono rivoltate, salate e spazzolate con regolarità, due volte alla settimana. Ed è in questi mesi che il Beaufort acquisisce tutte le sue caratteristiche finali. La crosta passa dal giallo al bruno rossastro, la pasta diviene liscia ed elastica (priva di occhiature), dal colore avorio e al palato dona sottili sentori di nocciola.

Anche se il tempo sembra essere volato, in realtà sono passate circa 3 ore dal nostro arrivo in caseificio e Luc – fatta eccezione per una pausa caffè con noi – non si è mai fermato un momento, sempre estremamente concentrato sul suo lavoro, anche mentre ce ne spiegava fasi e dettagli.

Lo salutiamo proprio mentre un’altra cisterna di latte sta arrivando per scaricare il suo contenuto e ce ne andiamo con un pensiero ben chiaro: la meccanizzazione – che ci ha colpiti appena varcata la soglia del caseificio – di certo aiuta il lavoro di Luc ma sarebbe cosa assolutamente inutile senza la sua conoscenza, sapienza ed esperienza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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