Elogio enogastronomico delle muffe

Elogio enogastronomico delle muffe

Chi è abituato ad acquistare il formaggio presso i banchi specializzati della grande distribuzione, raramente entra in contatto con le muffe. Infatti gli industriali si preoccupano di far arrivare i loro formaggi al punto vendita in condizioni pressoché asettiche, perfettamente imballati, lucidi, incontaminati. Soprattutto per i formaggi freschi, a pasta molle, è possibile ottenere questo risultato di perfezione esteriore.

L’industria produce in modo perfettamente standardizzato, in ambienti a temperatura controllata, avvalendosi di fermenti ed enzimi selezionati, che hanno una straordinaria capacità specifica e che non lasciano spazio allo sviluppo della microflora estranea o anticaseofila. Al contrario, i formaggi di produzione artigianale, magari a latte crudo di animali al pascolo, che esprimono una straordinaria complessità e una grande ricchezza aromatica e gustativa, maturano ed evolvono proprio grazie all’azione di fermenti, enzimi e… muffe!

Le muffe sono funghi che proliferano su materiali organici. Esistono muffe che hanno un ruolo fondamentale nel favorire la fermentazione degli alimenti. Ad esempio il marciume nobile che attacca le uve molto mature, è una muffa grigia che consente la produzione di vini eccezionali quali il Sauternes, il Tokaj ungherese, gli Ice Wine austriaci o alcuni Riesling tedeschi.

Le muffe verdi, quali l’Aspercillus o il Penicillium, usato anche per la produzione di penicillina, favoriscono la trasformazione dei grassi del formaggio in acidi grassi liberi (lipolisi) e garantiscono la ricchezza aromatica. Oltre a queste muffe selezionate in laboratorio, esistono in natura anche muffe naturali cosiddette “nobili” che arricchiscono i formaggi sia in crosta che in pasta, mantenendo l’equilibrio e l’armonia fra profumi, aromi e sapori.

Esistono poi muffe (mucor) che attaccano solo la crosta dei formaggi a pasta molle e con crosta umida dando origine al tipico colore rossastro e alla particolare intensità dei profumi.

 

Altre muffe ancora si formano sulla crosta dei formaggi duri, molto stagionati (verdi, grigie o rossastre), contribuiscono alla formazione degli aromi e possono essere facilmente asportate al momento del taglio.

La presenza di queste muffe è assolutamente normale, anzi auspicabile: ci sarebbe di che insospettirsi se un formaggio artigianale stagionato si presentasse perfettamente pulito!

Una semplificazione che associa le muffe al deperimento delle derrate alimentari ci induce spesso in errore. Ma nel mondo del formaggio le muffe sono una risorsa, anzi sono cruciali in fase di affinamento: gli erborinati (Gorgonzola, Cabrales, Roquefort e Stilton per citare i più celebri) devono la loro essenza al Penicillium Roquefortii, mentre il Penicillium Candidum, che viene spolverizzato sulla superficie dei formaggi a pasta molle e crosta fiorita, è il responsabile di quella bellissima fioritura superficiale di tanti formaggi come, ad esempio, il Brie e il Camembert.


A volte, addirittura il Penicillium Roqueforti si insinua inaspettatamente in alcuni formaggi artigianali come il Castelmagno che, recita il decreto istitutivo della DOP: “ha pasta di colore giallo ocrato con venature blu verdastre se stagionato”. È curioso notare come alcune muffe possono essere “buone” per certi formaggi ma “cattive” per altri: è il caso del mucor, che apporta benefici alla Tomme de Savoie, ma nuoce al Camembert.

Purtroppo, grazie alla biotecnologia, oggigiorno è possibile incorporare un aroma in un formaggio senza che che la muffa reale sia presente. Così, possiamo mangiare un formaggio al gusto di erborinato senza che non vi sia alcuna traccia di Penicillium Roqueforti!! Va da sé che per noi quello non può neppure minimamente considerarsi un formaggio e ancor meno un “blu”!

Esistono infine gli “acari” che nei formaggi vengono definiti fungifagi perché si nutrono delle muffe. Questi microrganismi sono dei semplici e invisibili collaboratori del mastro-stagionatore perché lo aiutano a mantenere pulita la crosta dei formaggi anche se la rosicchiano e la scavano in alcuni punti, dando a volte risultati notevoli anche da un punto di vista estetico, come nel caso della Mimolette. In ogni caso gli acari non sono dannosi per l’uomo e possono essere eliminati raschiando la crosta del formaggio con un semplice coltello.

Noi che prediligiamo e, quasi esclusivamente, ci occupiamo di formaggi a latte crudo sappiamo bene che differenza c’è quindi tra un prodotto vivo ed un formaggio a latte pastorizzato, privato totalmente della propria flora batterica.

Le muffe che si sviluppano sui formaggi a latte crudo sono dunque il segno distintivo di un prodotto vivo, “che lavora”: se una fine peluria bianca o grigia (nota come pelo di gatto) dovesse svilupparsi in superficie, asportiamola con la punta di un coltello delicatamente come se sbucciassimo un frutto.

Queste “fioriture” oltre a non alterare il sapore del formaggio sono dunque sinonimo di una materia naturale sana, priva di sostanze chimiche e di una lavorazione amorevolmente artigianale.

 

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