Ad ogni formaggio la sua stagione

Se è vero che la maggior parte di noi conosce (e magari anche rispetta) la stagionalità di frutta e ortaggi, purtroppo lo stesso non si può dire invece per quanto riguarda la stagionalità dei formaggi. Anzi, probabilmente qualcuno potrebbe anche aggrottare un sopracciglio e domandarsi perché mai i formaggi – che non nascono certo dalla terra – dovrebbero avere una loro stagionalità. La risposta non è così semplice e richiede dei distinguo.

Innanzitutto ci sono formaggi la cui stagionalità è semplicemente imposta dal disciplinare di produzione: è il caso ad esempio del Mont d’Or, che per legge può essere prodotto solo dal 15 di agosto al 15 di marzo (e quindi disponibile per il consumo solo dal 10 di settembre al 10 di maggio). La motivazione che sottende a queste date ben precise non è certo arbitraria, ma nasce da una antica tradizione del territorio di produzione: in origine le vacche Montbéliardes (una delle due razze delle vacche da latte con cui si produce il Mont d’Or) in autunno lasciavano gli alpeggi per fare rientro nelle stalle in pianura. Ma in inverno la produzione di latte diminuiva sensibilmente rispetto all’estate e quindi i casari dovettero “inventarsi” un formaggio di dimensioni più piccole rispetto alle grosse forme di gruyères che venivano prodotte nel periodo estivo. Ecco quindi spiegato perché il Mont d’Or viene prodotto solo per 7 mesi l’anno.

Tuttavia, i formaggi stagionali “per legge” non sono che una piccola parte, per tutti gli altri si tratta di una moltitudine di parametri complessi da conoscere e tenere in considerazione, anche se semplificando si può dire che tutto dipende dall’alimentazione degli animali, la ricchezza del latte e il ciclo di lattazione. Va da sé che stiamo parlando solo ed esclusivamente di formaggi artigianali (a latte crudo), di piccoli produttori, perché il mondo dell’industria non può permettersi di uscire dagli standard di produzione – il formaggio prodotto in estate deve essere identico a quello prodotto in inverno – e quindi la pastorizzazione e l’uso di fermenti lattici azzera totalmente la stagionalità (oltre che, ahinoi, spesso anche il sapore…).

Al contrario, gli animali che vivono secondo i ritmi della natura, nutrendosi al pascolo, non producono sempre lo stesso latte. Nel caso delle vacche, ad esempio, i formaggi prodotti in primavera sono i più buoni grazie al fatto che gli animali si nutrono di saporite erbette primaverili. Quindi – calcolando uno o due mesi di stagionatura – le forme migliori saranno quelle che si acquisteranno in estate. Il periodo migliore per la produzione dei formaggi di alpeggio invece è quello che va dalla metà di luglio alla metà di agosto, quindi, secondo il solito calcolo, a settembre-ottobre potremo fare gli acquisti migliori.

Per quanto riguarda invece capre e pecore, la questione si fa più complessa perché entra in ballo non solo la loro alimentazione al pascolo, ma anche il loro ciclo di lattazione. Infatti se –  per quanto riguarda le vacche – è più facile gestire i loro “turni” di gestazione, mandando in calore solo una parte della mandria per volta e garantendo così sempre la stessa produzione di latte nell’arco di tutto l’anno, per capre e pecore la storia è ben diversa.

Le pecore sono le più difficile da “istruire” sul calore, soprattutto quando, come nella maggior parte dei casi, vivono al pascolo e non in stalla. Il latte migliore è quello – come nel caso delle vacche – prodotto in primavera, poi d’estate i pascoli si seccano, il caldo rallenta la produzione di latte e l’animale si affretta a dare seguito alla specie andando in calore. Generalmente la gravidanza dura 5 mesi e l’attività riproduttiva inizia durante l’estate e termina durante l’inverno (la tarda estate e l’autunno sono i mesi di maggior intensità riproduttiva): in questi mesi la pecora va in asciutta e riprende poi a produrre latte a attorno a dicembre/gennaio. Ecco perché il Marzolino è il primo pecorino dell’anno e perché si ha carenza di pecorini freschi da luglio a novembre circa. Questo lungo periodo di “asciutta” spiega anche perché i pecorini in generale sono formaggi stagionati.

Lo stesso discorso e le stesse tempistiche valgono per la capra, anche se, purtroppo, per stare al passo con la crescente domanda di formaggi caprini, alcuni produttori hanno cominciato a “spingere” i calori in stalla come per le vacche, garantendo così la produzione di latte tutto l’anno.

Esiste infine una stagionalità più semplice da seguire e dettata soprattutto dalle esigenze alimentari di noi esseri umani, che cerchiamo cibi più freschi e leggeri d’estate (e quindi ecco il largo consumo di mozzarelle, burrate, ricotte…) e abbiamo bisogno (magari più un tempo di ora) di cibi più calorici d’inverno.

Qui di seguito un piccolo (e solo esemplificativo) “Calendario dei formaggi”:

Inverno (novembre-marzo): Comté, Chabichou de Poitou, Langres, Mont d’Or, Morbier, Raclette, Salers, Emmental, Etivaz, Tête de Moine, Cheddar, Stilton, Mahon, Menorca, Bettelmatt, Bitto, Asiago, Marzolino, Provolone del Monaco, Puzzone di Moena, Taleggio, Pienza Riserva, Pecorino di Filiano, Ragusano, Cheddar, Paski Sir.

Primavera (aprile-giugno): Beaufort, Brillat-Savarin, Cabécou, St. Maure, Mistralou, Fromage Cathare, Mimolette, St.Felicien, Pecorino di Pienza, Vastedda della valle del Belìce, Robiola di Roccaverano, Gregoriano, Ricotta Scorza nera, Robiolina passita, Blu di Bagnoli.

Estate (luglio-agosto): Chaource, Pont-l’Evêque, Pouligny-Saint-Pierre, Fourme d’Ambert, Quartirolo, Vastedda del Belice, Masseria Pugliese, Caciocavallo Podolico.

Autunno (settembre-ottobre): Brie de Meaux, Crottin de Chavignol, Cantal, Epoisses, Laguiole, Livarot, Fourme de Montbrison, Reblochon, Roquefort, St.Nectaire, Tomme de Brebis des Pyrenées, Gouda, Munster, Valtellina Casera, Raschera, Toma Piemontese, Il Fassano, Fontina d’Alpeggio, Talè, Piacentinu, Caciocavallo di grotta, Vezzena.

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